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Gravidanza: tutto quello che bisogna sapere sul test per la trisomia 21

Disponibile in Italia solo da pochi mesi, è un test non invasivo, dunque a 0 rischi per mamma e bambino, che serve a individuare tre gravi malattie genetiche. Quali i costi, quale il procedimento? Come comportarsi di fronte a un risultato positivo? Qual è la differenza con gli altri test prenatali, prima tra tutte l'amniocentesi? Le risposte del presidente della Società italiana di genetica medica.


Basta digitare su Google le parole “test – prenatale – sangue” per accedere a un elenco di centri medici privati e di aziende biotech: propongono alle future mamme il “test del Dna libero fetale” (cfDNA), cioè l'esame che promette di rivoluzionare la diagnosi prenatale della sindrome di Down (detta anche trisomia 21, dovuta alla presenza di tre copie del cromosoma 21 anziché due) e di altre due gravi malattie genetiche. Il suo più grande plus è che si tratta di un'analisi non invasiva e a zero rischi: è sufficiente un semplice prelievo del sangue materno tra la decima e la ventiquattresima settimana di gestazione.

In Italia, il test è commercializzato da una manciata di grandi aziende internazionali che hanno brevettato il proprio brand, come Harmony, PrenatalSafe, MaternitT21, Verifi, per citarne alcuni. Non è invece al momento riconosciuto dal Sistema Sanitario Nazionale nè esistono azienda italiane in grado di offrirlo, quindi le donne possono rivolgersi a centri - o medici - che raccolgono i campioni di sangue e li spediscono oltre confine, in genere in Germania o Stati Uniti, dove vengono analizzati. Il tempo di risposta è attorno ai 15 giorni. QUanto ai costi, per ogni analisi si supera, spesso di molto, i 500 euro. Visto, però, l'aumento dell'età media delle neo-mamme e la facilità con cui si può accedere al test, è molto probabile che la richiesta sia destinata a crescere nonostante il costo. Ma che tipo di esame è esattamente? Per chi è indicato? Quanto è affidabile e come comportarsi in caso di risultato positivo o negativo? Facciamo il punto insieme ad Antonio Amoroso, presidente della Società italiana di genetica medica (Sigu).

Come funziona il test
“Il test del Dna libero – spiega Amoroso – ci indica la probabilità che il feto presenti uno di questi tre difetti cromosomici: la trisomia 21, che causa la sindrome di Down (1 su 700 gravidanze circa), la trisomia 18 (sindrome di Edwards, 1 su 6mila nati) e la trisomia 13 (sindrome di Patau, 1 su 10mila). Si tratta di un test di screening non diagnostico, cioè non 'vede' il difetto genetico ma fornisce una stima della sua possibile presenza”. In pratica, vengono isolati dei filamenti di Dna fetale che circolano liberamente nel plasma materno e, con tecniche molto sofisticate viene fatta una loro analisi quantitativa da cui si risale al numero di copie di questi tre cromosomi (21, 18 e 13).

Non sostituisce l'amniocentesi e la villocentesi
Sfatiamo subito un mito: il nuovo test, qualunque sia il brand, non sostituisce l'amniocentesi e la villocentesi, per due motivi. Primo, sono esami invasivi e diagnostici, mentre quello per la trisomia è un test di screening che identifica l'eventuale rischio di una particolare condizione, ma non conferma nulla con certezza; gli esami diagnostici sono di tipo invasivo, dunque hanno una percentuale di rischio per il feto, mentre i semplici test di screening sono privi di rischi, ma amnio e villo sono a oggi gli unici esami che, attraverso la raccolta di cellule fetali, permettono oggi delle diagnosi certe al 100%. Inoltre, queste tecniche permettono di osservare direttamente eventuali difetti in tutto il corredo cromosomico (formato da 23 coppie), non solo di tre cromosomi, e di diagnosticare malattie che il test del Dna libero fetale non rileva. Come la fibrosi cistica, la talassemia, la distrofia muscolare di Duchenne/Becker, l'atrofia muscolare spinale, il ritardo mentale (sindrome X fragile), la sordità congenita. Bisogna anche sapere, però, che queste analisi non vengono eseguite di routine, ma bisogna richiedere la villocentesi o l'amniocentesi “con lo studio del Dna”, più costose di quelle “base”. Infatti, dal momento che le malattie genetiche sono migliaia, queste indagini sono effettuate solo quando vi sia un rischio familiare per una o più malattie genetiche.

A cosa serve il test, e in quali casi
“Tutto questo non vuol dire che il test del Dna libero fetale non sia utile – dice Amoroso – ma è importante capire per chi e per cosa lo è. Per quanto riguarda la Sindrome di Down, dal momento che il test è più sensibile e affidabile degli altri esami di screening a disposizione, come la traslucenza nucale, un suo risultato negativo può davvero evitare il ricorso a villocentesi e amniocentesi superflue. Che, ricordiamolo, comportano un rischio di aborto intorno all'1%. Se, però, risultasse positivo, è indicato sottoporsi a una delle altre due tecniche invasive per avere la diagnosi definitiva”.

Quanto è affidabile
In base ai dati disponibili, l’attendibilità maggiore si ha proprio per la trisomia 21: in questi casi il test presenta una sensibilità superiore al 99%. Per la trisomia 18 è riportata una affidabilità poco più bassa: del 97,4%. Per la trisomia 13, invece, la sensibilità è notevolmente inferiore: dell'83,3%. Ci sono ancora pochi dati per stabilire l'attendibilità per quanto riguarda i difetti dei cromosomi sessuali (X e Y), che possono portare a malattie come la sindrome di Klinefelter, di Jacobs e di Turner.
Gli studi clinici condotti finora hanno però preso in considerazione campioni di donne relativamente piccoli, e questo è uno dei motivi per cui non può ancora essere considerato un test di routine. “Attualmente in Toscana – dice Amoroso – presso il Centro di Genetica dell'Ospedale di Careggi è in corso uno studio di validazione su circa 1.300 donne, grazie a un finanziamento della Regione di circa 150mila euro. Se i risultati confermeranno l'affidabilità, sarebbe importante e giusto per le donne che le spese per il test fossero coperte dal Sistema sanitario nazionale, come oggi avviene per gli altri esami di screening”.

Tutti uguali i test?
Tornando ai vari brand, sono tutti uguali e ugualmente affidabili? “Le piattaforme tecnologiche utilizzate dalle aziende per amplificare e analizzare il Dna libero fetale possono essere diverse: i test più costosi si basano su tecniche di sequenziamento di nuova generazione, e questo può far salire il prezzo anche di 300 dollari. Per quanto riguarda la sensibilità, può esserci una lieve differenza, che però per la trisomia 21 resta sempre molto alta, al di sopra del 95%”.

Per chi è indicato
Questo esame – almeno sulla base delle conoscenze attuali – non è per tutte le donne, ma solo per le gravidanze ad alto rischio di anomalie cromosomiche, cioè quelle in cui l'età materna è avanzata (lo spartiacque per ora è rappresentato dai 35 anni) o per quelle in cui sono già state evidenziate anomalie ecografiche e biochimiche. “È importante – conclude Amoroso – che le donne interessate al test ne parlino con il ginecologo; ogni ginecologo ha infatti un centro di genetica o un genetista di riferimento, che potrà spiegare chiaramente i pro e i contro dell'esame. In alternativa, è possibile richiedere un consulto direttamente a uno dei 268 servizi di genetica medica che operano nel Sistema sanitario nazionale. Se utilizzato effettivamente come screening avanzato per la valutazione del rischio di trisomia 21, 18 e 13 in donne ad alto rischio, il test rappresenta un approccio sicuro ed efficace, e un miglioramento nel percorso della gravidanza fisiologica. Nelle donne che non presentano un aumento di rischio, al momento non ci sono ancora abbastanza studi che ne provino la validità”.

Fonte: La Repubblica.it "DFamiglia"