Basta una semplice analisi del sangue materno per rilevare la presenza di trisomia 21 (o sindrome di Down) nel feto: un esame molto più sicuro ed affidabile della classica amniocentesi. Disponibile in Italia dalla fine del 2013 sotto il nome di PrenatalSafe della Genoma Group, questa tecnica non invasiva alternativa all’amniocentesi consiste nell’analizzare il DNA libero circolante nel sangue della donna incinta per determinare il rischio eventuale di anomalie cromosomiche del nascituro. Finora, a causa di dati insufficienti sulla sicurezza, gli esperti ritenevano che quella metodica dovrebbe essere riservata alle madri a rischio. Quel parere, però potrebbe evolvere in base ai risultati di un importante studio presentato il 3 aprile sul New England Journal of Medicine con il titolo “Cell-free DNA Analysis for Noninvasive Examination of Trisomy”.

AFFIDABILITA’ DEL 100%
Lo studio è stato effettuato sulle analisi di DNA fetale nel sangue materno di 15.841 donne americane la cui gravidanza era nel periodo compreso tra dieci a quattordici settimane. Le partecipanti avevano un’età media di 30 anni e circa il 25% di loro aveva più di 35 anni, un’età in cui si stima che il rischio di trisomia 21 aumenta bruscamente. Secondo i ricercatori della University of California, questa nuova generazione di test ha identificato la presenza di trisomia 21 in tutti i feti (38) in cui c’era questa anomalia cromosomica. I risultati sono stati poi confermati mediante esame del neonato, nonché analisi genetiche postnatali.

MENO FALSI POSITIVI
Al confronto, l’applicazione delle tecniche standard di diagnosi (ovvero l’amniocentesi) per lo stesso gruppo di donne ha individuato 30 trisomie su 38 feti, come hanno specificato i ricercatori. Com’è noto l’amniocentesi, che comporta il prelievo di liquido amniotico, presenta il rischio di trasmissione di HIV o epatite B (quando la madre è portatrice del virus), di infezioni, di aborto spontaneo , di parto prematuro o di morte in utero. Inoltre, mentre i test standard determinano un alto tasso di diagnosi falsamente positive, le analisi del DNA fetale nel plasma materno ne producono significativamente di meno: 9 contro le 854 dello screening convenzionale.

VALIDITA’ ANCHE NEI CASI DELLE ALTRE TRISOMIE
Infine, tra i dieci casi di trisomia 18 (sindrome di Edwards) accertati, l’analisi del DNA ne ha diagnosticati correttamente nove. Ma l’amniocentesi ne ha identificati otto su nove e prodotti 49 false diagnosi positive. Per quanto riguarda la trisomia 13 (sindrome di Patau), la prova del DNA fetale ha rilevato entrambi i casi e prodotto una diagnosi di falso positivo. La tecnica standard ne ha identificato uno solo e prodotto 28 false diagnosi positive. Tuttavia, anche se il test del sangue si è dimostrato utile e preciso nello screening per la trisomia 21, secondo gli autori dello studio, “benchè questi risultati suggeriscano la superiorità del test del sul DNA fetale rispetto alle tecniche standard, soltanto queste ultime sono in grado di rilevare una serie di altre anomalie del feto».

Fonte: Salute Okay