Limiti del test
Limiti del test PrenatalSAFE®
L’esame prenatale non invasivo che analizza il DNA
fetale libero circolante isolato da un campione di
sangue materno è un test di screening e non è un test
diagnostico. Benché questo test sia molto accurato, i
risultati non sono diagnostici e devono essere
valutati nel contesto del quadro clinico della
gestante e della anamnesi familiare. Inoltre, l’esame
non è sostitutivo della diagnosi prenatale invasiva
(Villocentesi o Amniocentesi). Il test è stato
validato su gravidanze singole o gemellari,
monozigotiche o dizigotiche, con almeno 10 settimane
di gestazione.
Il test non può escludere la
presenza di tutte le anomalie cromosomiche fetali.
PrenatalSAFE®
3 valuta solo le aneuploidie a
carico dei cromosomi 13, 18, 21, PrenatalSAFE®
5
valuta anche le aneuploidie dei cromosomi sessuali (X
e Y); le aneuploidie di altri cromosomi sono
identificabili solo con il test PrenatalSAFE®
Karyo.
Il test PrenatalSAFE®
Karyo evidenzia il 92,6% delle
anomalie cromosomiche fetali rilevabili in epoca
prenatale e il 96.2% di quelle riscontrate alla
nascita. Il test PrenatalSAFE®
Karyo Plus evidenzia
il 95,5% delle anomalie cromosomiche fetali
rilevabili in epoca prenatale e il 99.1% di quelle
riscontrate alla nascita.
Il test PrenatalSAFE® non è in grado
di evidenziare riarrangiamenti cromosomici
bilanciati, mosaicismi cromosomici fetali e/o
placentari (cioè la presenza di due linee cellulari
con differente assetto cromosomico), mutazioni
puntiformi, difetti di metilazione, poliploidie. Il
test non evidenzia altre malformazioni o difetti non
specificamente ricercati. In particolare, l’esame non
evidenzia la presenza di malattie genetiche
ereditarie a trasmissione mendeliana. Le alterazioni parziali
dei cromosomi analizzati e le alterazioni
cromosomiche strutturali possono essere evidenziate
solo con i test PrenatalSAFE® Karyo. Il limite di
risoluzione stimato del test è sovrapponibile a
quello del cariotipo citogenetico (tradizionale) a
400 bande (circa 7-10 Mb). Il test PrenatalSAFE®
Karyo Plus evidenzia alterazioni cromosomiche
strutturali ad una risoluzione di circa 3 Mb, a
livello delle regioni cromosomiche associate alle
sindromi da microdelezione investigate.
Nelle
gravidanze gemellari dizigotiche non è possibile
distinguere la condizione del singolo feto, né di
valutare le aneuploidie dei cromosomi sessuali. E’
tuttavia possibile riscontrare la presenza/assenza
del cromosoma Y. Nel caso in cui venga individuata la
presenza del cromosoma Y, non è possibile discernere
se solo uno o entrambi i feti siano di sesso
maschile. Nelle gravidanze che sono iniziate come
gemellari o plurime, seguite dall’aborto spontaneo di
uno o più feti con riassorbimento della camera
gestazionale (vanishing twin), potrebbe essere
presente nel sangue materno anche il DNA fetale
libero del feto abortito. Ciò potrebbe interferire
nella qualità dei risultati, determinando falsi
positivi nel caso in cui la causa dell’aborto fosse
dovuta alla presenza nel suddetto feto di aneuploidie
cromosomiche a carico di uno dei cromosomi
investigati. Similmente, potrebbe determinarsi una
incongruenza nei risultati del sesso (es. diagnosi di
sesso maschile, in cui la presenza del cromosoma Y è
originata dal DNA feto abortito). L’esistenza di
una condizione tumorale (metastasi) nella gestante
potrebbe determinare risultati del test falsi
positivi. Il test è basato sulla quantificazione
dei frammenti di DNA fetale libero circolante nel
sangue materno, che sono di origine placentare.
Pertanto, a causa di condizioni di mosaicismo
cromosomico (frequenza: 1-2%) potrebbero esservi
discordanze nei risultati (falsi positivi o falsi
negativi) che giustificano la sensibilità e
specificità del test <100%. In particolare, il
test potrebbe produrre un risultato positivo
(aneuploidia rilevata), ma tale anomalia cromosomica
potrebbe essere confinata alla placenta a causa del
mosaicismo cromosomico, e quindi il feto potrebbe
infine risultare con cariotipo normale al controllo
in diagnosi prenatale invasiva (falso positivo).
Viceversa, il test potrebbe produrre un risultato
negativo (aneuploidia non rilevata), ma a causa del
mosaicismo cromosomico il DNA fetale privo di
aneuploidia potrebbe essere confinato alla placenta,
e quindi il feto potrebbe infine risultare con
cariotipo aneuploide al controllo in diagnosi
prenatale invasiva (falso negativo). Il sesso
fetale viene indicato come maschile o femminile,
basandosi sulla presenza o assenza del cromosoma Y,
ma non dà informazioni sulla presenza o assenza del
gene SRY. Le gravidanze con riscontri ecografici
suggestivi di patologia fetale dovrebbero essere
studiate con altri tipi di indagini prenatali, quali
il cariotipo fetale molecolare su villi coriali o
liquido amniotico, in considerazione del maggiore
detection rate. Esiste la possibilità
d’identificare con questo test, anomalie dei
cromosomi sessuali presenti nella madre (omogenee o a
mosaico) che possono interferire con l’accuratezza
dei risultati riguardanti i cromosomi sessuali
fetali. Un risultato “NEGATIVO - Aneuploidia o
alterazione cromosomica strutturale non rilevata”
riduce notevolmente le possibilità che il feto abbia
una aneuploidia o un’alterazione cromosomica
strutturale a livello dei cromosomi esaminati, ma non
può garantire che i cromosomi siano effettivamente
normali o che il feto sia sano. Non è possibile
eseguire questo test a donne portatrici esse stesse
di aneuploidie. Per i limiti sopra esposti, in
caso di risultato positivo si raccomanda di eseguire
un colloquio con un genetista e la conferma del
risultato attraverso l’analisi del cariotipo su
liquido amniotico.
Limiti del test GeneSAFE™
Questo esame valuta solo le
malattie genetiche ed i geni elencati nella
Tabella1 e
Tabella2
Il test non
evidenzia altre malattie genetiche o geni non
specificamente investigati.
L’esame inoltre non è in grado di evidenziare:
- mutazioni localizzate nelle regioni introniche oltre
± 5 nucleotidi dai breakpoints;
- delezioni, inversioni o duplicazioni maggiori di 20 bp;
- mosaicismi.
GeneSAFE™ è un test di screening e
non è un test diagnostico. Benché questo test sia
molto accurato, i risultati non sono diagnostici e
devono essere valutati nel contesto del quadro
clinico della gestante e dell’anamnesi familiare. Inoltre, l’esame non è sostitutivo della diagnosi
prenatale invasiva (Villocentesi o Amniocentesi).
Il test è stato validato su gravidanze singole o
gemellari, monozigotiche o dizigotiche, con almeno 10
settimane di gestazione.
Nelle gravidanze
gemellari non è possibile distinguere la condizione
del singolo feto. Nelle gravidanze che sono iniziate
come gemellari o plurime, seguite dall’aborto
spontaneo di uno o più feti con riassorbimento della
camera gestazionale (vanishing twin), potrebbe essere
presente nel sangue materno anche il DNA fetale
libero del feto abortito. Ciò potrebbe interferire
nella qualità dei risultati, determinando falsi
positivi. L’esistenza di una condizione tumorale
(metastasi) nella gestante potrebbe determinare
risultati del test falsi positivi dovuti a mutazioni
del DNA tumorale circolante (ctDNA) a livello di geni
coinvolti nel processo di cancerogenesi (es. BRAF,
KRAS, NRAS). Un risultato “NEGATIVO - Basso
rischio per malattia genetica” riduce notevolmente le
possibilità che il feto abbia le malattie genetiche
esaminate, ma non può garantire che il feto sia sano.
Il test GeneSAFE™ identifica esclusivamente mutazioni
con significato patologico noto. Il test non ricerca
varianti con significato benigno, cioè quelle
riscontrabili in individui normali e sono prive di
significato patologico, e varianti con significato
clinico incerto, cioè quelle non ancora note o
caratterizzate dalla comunità medico-scientifica.
L’interpretazione delle varianti genetiche si basa
sulle più recenti conoscenze disponibili al momento
dell’analisi. Tale interpretazione potrebbe cambiare
in futuro con l’acquisizione di nuove informazioni
scientifiche e mediche sulla struttura del genoma ed
influire sulla valutazione stessa delle varianti.
Per i limiti sopra esposti, in caso di risultato
positivo si raccomanda di eseguire un colloquio con
un genetista e la conferma del risultato attraverso
l’analisi genetica su liquido amniotico o villi
coriali.
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