Se ne parla da tanti anni, ma adesso è stato finalmente messo a punto e da pochi mesi è arrivato anche in Italia: un test che, attraverso un semplice prelievo del sangue materno permette di sapere, con un’attendibilità quasi uguale a quella di villocentesi o amniocentesi, ma senza il rischio abortivo dato da questi esami, se il feto è affetto da anomalie cromosomiche.

La tecnica è stata messa a punto e validata da uno studio multicentrico denominato “Non-Invasive Chromosomal Evaluation” (NICE); nel gennaio 2012 il test era già disponibile in USA, mentre sempre in agosto 2012 il test è giunto in Europa, commercializzato da una ditta tedesca, e da gennaio 2013 è disponibile anche nel nostro Paese.

Il difetto principale dell’indagine? Il suo costo elevato, che per il momento è a totale carico della coppia. Per capire in che cosa consiste, quali informazioni fornisce e come si esegue, abbiamo intervistato Mario Fadin, ginecologo a Milano, il cui studio è uno dei centri pilota dove effettuare il test.

In che cosa consiste l’analisi?
Si tratta di un prelievo di sangue materno con il quale si analizza il DNA fetale libero, cioè quella quota ridotta di materiale genetico che dal sangue fetale confluisce nel circolo materno. Trattandosi di un prelievo di sangue, il test è assolutamente innocuo sia per la mamma che per il bambino, quindi non provoca alcun rischio di aborto.

In quale epoca si esegue?
Si può fare a partire dalla decima settimana di gestazione, ma è consigliabile aspettare l’11esima, quando è più probabile che la quantità di DNA fetale confluita nel sangue materno sia sufficiente per essere isolata e quindi analizzata. Nulla vieta di effettuarlo anche più tardi, fino alle 16 settimane di gravidanza,ma si perderebbe il vantaggio della precocità della diagnosi. L’esito del test è disponibile entro 20 giorni.

Come viene esaminato il DNA fetale?
Grazie a un sistema sofisticato di genetica molecolare, si fa il cosiddetto sequenziamento selettivo, cioè si osserva la disposizione dei nucleotidi che, con il loro alternarsi, determinano le caratteristiche del DNA di ciascuno di noi. In particolare, delle 23 coppie di cromosomi che compongono il nostro corredo genetico, si vanno ad analizzare solo 4 coppie: la 21, la 18, la 13 e i cromosomi del sesso.

Che cosa permette di scoprire?
Indagando le 4 coppie di cromosomi, l’analisi permette di individuare le anomalie cromosomiche che li riguardano, e cioè la trisomia 21 o sindrome di Down, la trisomia 18 o sindrome di Edwards, la trisomia 13 o sindrome di Patau e le cromosomopatie del sesso (Turner per la femmina e Klinefelter per il maschio): tutte queste, complessivamente, coprono il 95%  delle patologie cromosomiche.

Qual è la sua attendibilità?
È del 99%, quindi è quasi equiparabile a quella di villocentesi e amniocentesi. Va sottolineato che esiste un 5% di probabilità che, specie se effettuato molto precocemente, l’esame non sia diagnostico poiché il DNA fetale non è sufficiente. In tal caso il test può essere ripetuto gratuitamente la settimana dopo.

Come mai l’attendibilità è del 99% e non del 100%?
Perché l’esame viene effettuato su una quantità assai esigua di DNA fetale libero, con una metodica molto complessa: per questo può capitare un piccolo margine di errore, che dagli studi effettuati è stato stimato intorno all’1%. Un margine che probabilmente verrà annullato in un futuro non lontano con l’ulteriore miglioramento della tecnica. Per il momento, se il test del DNA risulta positivo, si consiglia di effettuare una villocentesi o un’amniocentesi per avere la certezza della diagnosi.

Servono 20 giorni per avere il risultato: si fa in tempo, poi, a fare la villocentesi?
Se il test si effettua a 11 settimane il risultato arriva nella 14esima, quindi si fa in tempo a fare una villocentesi tardiva; altrimenti, se ci si trova a una settimana più avanzata, si può fare l’amniocentesi. Se l’esito del test del DNA è positivo, villocentesi o amniocentesi vengono offerte gratuitamente dal SSN, anche se la donna ha un’età inferiore a 35 anni.

Il nuovo test manderà ‘in pensione’ villocentesi e amniocentesi?
Al momento no e per diversi motivi. Innanzitutto perché con il test del DNA si controllano solo 4 coppie di cromosomi, sebbene siano quelle dove si riscontra la gran parte delle patologie, mentre villocentesi e amniocentesi consentono di indagare l’intero assetto cromosomico. In più, non sono indagabili le malattie di un singolo gene, che nei casi con familiare affetto si possono diagnosticare tramite villocentesi con la sonda molecolare per quel gene: ne è un esempio la talassemia. Ancora, non può essere effettuato nelle gravidanze gemellari. Infine, c’è quel rischio di errore dell’1%. In ogni caso, se non in pensione, il ricorso a villocentesi e amniocentesi andrà incontro a una drastica riduzione.

In pratica, a chi è consigliato il test?
Pur essendo possibile proporlo a tutte le donne in attesa, il test trova la sua massima indicazione per quelle future mamme cui la diagnosi prenatale invasiva non è consigliata, ad esempio perché hanno meno di 35 anni, non presentano fattori di rischio (come uno screening anomalo o anamnesi positiva per alterazioni genetiche) o perché, per problematiche varie, il prelievo dei villi coriali o del liquido amniotico potrebbe provocare un rischio di aborto superiore all’1% o infine perché, per motivi etico-religiosi, non ritengono accettabile il rischio di abortività dell’1% degli esami invasivi.

Qual è il costo dell’indagine?
Attualmente è di circa 1200 euro ed è a totale carico della paziente. È questo il motivo per cui, in un’epoca di riduzione dei costi della sanità pubblica, non è pensabile che il Servizio Sanitario Nazionale sia oggi in grado di offrire il test gratuitamente e nemmeno dietro il pagamento di un ticket. È tuttavia molto probabile che, con la diffusione del test e con la riduzione del ricorso a villocentesi e amniocentesi, a poco a poco l’esame entrerà anche nelle strutture pubbliche, ma è difficile fare una previsione dei tempi.

Perché viene effettuto solo in pochi laboratori?
Perché si tratta di un test che richiede un macchinario molto costoso e sofisticato e personale altamente specializzato, per cui solo laboratori con competenze specifiche nel settore possono impiantare tale servizio: attualmente in Italia il laboratorio è solo uno. Va precisato comunque che al laboratorio non devono andare le donne in attesa, ma solo la provetta di sangue che potenzialmente ogni ginecologo italiano potrebbe prelevare: oggi la diffusione è ancora modesta perché la tecnica è stata appena introdotta e anche perché i costi sono elevati.

Dove si può fare?
Per avere informazioni sugli studi medici che, nelle varie regioni italiane, effettuano il test, si può contattare direttamente il Laboratorio Genoma (attualmente l’unico in Italia che analizza i campioni) al numero 06 8811270.

Fonte: Dolceattesa.rcs.it